La
coltivazione delle olive
La
pianta sempreverde dalle caratteristiche foglie ellittiche
dell'olivo appartiene al genere delle Oleacee. La specie è
Europaea e tale denominazione sta ad indicare che l'areale
originario della pianta sono le coste del bacino mediterraneo,
con un grosso riferimento all'antica Grecia e a Roma.
La sottospecie dell'olivo molto diffusa nel paesaggio mediterraneo
è la sativa.
La pianta è meritatamente il simbolo dell'ambiente
mediterraneo visto che si adatta perfettamente al clima temperato
ed ai suoli calcarei propri delle zone rocciose, cioè
dove si trovano terre fertili e permeabili.
La pianta, però, sa adattarsi anche ad altre condizioni
ambientali, a patto
che non sia sottoposta al ristagno dell'acqua.
Gli oliveti hanno una struttura un pò anarchica che
rispecchia principalmente la natura dei terreni scelti per
la piantagione, in prevalenza aree collinari e montane, e
la presenza dell'olivastro.
In effetti, vista la lentezza propria l'olivo che produce
il proprio frutto almeno 15 anni dopo la piantagione e che
la pianta raggiunge la maturazione dopo circa 25 anni, c'è
l'abitudine di privilegiare lo sfruttamento delle piante selvatiche,
magari innestandovi le olive di migliore qualità, ed
anche l'usanza di consociare l'oliveto con altre colture,
come quella degli ortaggi e dei legumi, scelta attuata per
compensare almeno in parte le spese dell'impianto delle olive.
La consociazione si ha, inoltre, per compensare il fatto che
l'olivo produce il suo frutto ogni due anni visto che l'anno
di "magra" serve alla pianta per prepararsi alla
produzione dell'anno successivo.
L'oliveto ha bisogno di cure paricolari. Tra quelle annuali
si ha l'aratura
a febbraio, maggio e dicembre, procedimento che non deve andare
troppo in profondità nel terreno in modo da non danneggiare
la pianta.
Per evitare i danni della caratteristica siccità estiva
che porta il conseguente inaridimento del suolo si attua una
zappatura ancora più leggera in modo da eliminare le
crepe del terreno.
Particolarità della pianta è il suo processo
fecondativo: molte piante non
possono utilizzare il proprio polline per soddisfare tale
fase, per cui occorre garantire, negli stessi impianti, la
presenza di vari tipi di pianta ma con fiori che danno un
polline compatibile con quelle presenti nello stesso impianto.
La maturazione delle olive non è contemporanea ed omogenea,
per cui la raccolta del frutto non può affidarsi a
dei canoni precisi e scientifici, ma alla singola scelta degli
operatori del settore sul tipo di olio che si vuole
ottenere.
Successiva fase riguardante le olive è la loro raccolta,
momento di socializzazione caratteristico della tradizione
contadina e procedimento che può effetuarsi in modo
manuale o meccanico.
La procedura migliore per salvaguardare la qualità
dell'olio è la "brucatura". Tale processo
prevede l'intervento diretto di un raccoglitore che effettua
una prima cernita delle olive.
Le difficoltà di tale processo sono legate al tipo
di terreno - la possibilità che esso sia scosceso rende
più difficile l'operazione - ed alla necessità
o meno di utilizzare una scala.
Sistemi di raccolta più rapidi rispetto al precedente
sono quelli meccanici
che prevedono l'utilizzo di vari utensili per agevolare la
raccolta delle oli-
ve staccandole direttamente dalla pianta.
La fase successiva riguarda l'estrazione vera e propria dell'olio,
fase che
si svolge direttamente nel frantoio.
Le olive son liberate da eventuali impurità, lavate
accuratamente e disposte nei frangitori a molazze, cioè
delle macchine che prevedono la presenza di due ruote che
sfruttano la rotazione di un asse verticale per muoversi.
Tali macchinari possono contare su di una millenaria tradizione
che ha saputo anche evolversi in base alle nuove esigenze
d'igiene e di produzione.
In effetti, un tempo le ruote dei frangitori erano fatte di
legno e mosse dalla forza animale, oggi sono fatte d'acciaio
inossidabile e si muovono grazie all'ausilio di un motore
elettrico.
Attualmente si fanno avanti i frangitori a dischi che accellerano
la macinazione ed aiutano a regolare la granulometria della
pasta.
Tra le altre fasi di produzione occorre citare la snocciolatura
delle olive
e la gramolatura. La prima si attua perchè occorre
separare la polpa dal seme in modo da ottenere separatamente
i due oli, visto che quello estratto dal seme potrebbe danneggiare
l'altro, mentre la seconda si attua riscaldando la materia
oleosa in modo da tenerla fluida e rimescolandola attraverso
delle macchine impastatrici in modo da separare le emulsioni
acqua-olio ottenute dalle precedenti operazioni.
Per completare il processo d'estrazione dell'olio occorre
pressare la pasta di olive. Il metodo più tradizionale
è l'estrazione a presse, sistema denominato anche metodo
discontinuo.
La pasta di olive è disposta su dei dischetti chiamati
"fiscoli" che sono
posti nell'asse verticale della pressa per subire così
la pressione di kg
50/cmq ed ottenere l'olio-mosto. Si crede che l'olio estratto
con una pressione minore ha una qualità migliore.
Ci sono anche altri sistemi di estrazione, come quello della
percolazione e
della centrifugazione, sistemi denominati anche metodi continui.
La coltivazione siciliana dell'ulivo ha delle radici antichissime,
millenarie.
Pare che siano stati i Fenici ed i Micenei ad imporre nell'isola
tale pianta
originaria delle regioni a nord-est del Mar Caspio.
La sua storia ha avuto fasi alterne: i Romani incoraggiarono
tale produzione, mentre in modo contrario si comportarono
gli Arabi; una nuova fase positiva si ebbe sotto la dominazione
normanna dell'isola mentre un nuovo periodo di oscurantismo
si ebbe sotto quella spagnola per poi vivere una vera e propria
fase di rivincita sotto i Borboni.
L'albero in questione può ritenersi meritatamente uno
dei simboli della cultura isolana, nonchè uno dei fulcri
della economia locale.
Tra le varie specie di olive coltivate in Sicilia si distinguono,
ad esempio,
la Nocellara del Belice. Tale qualità si nota per la
forma quasi sferica del
frutto e per l'alta percentuale di polpa.
Tra le altre qualità isolane delle olive si possono
citare la Giarraffa dal-
la particolare forma allungata; la Nocellara Etnea, anch'essa
dalla forma allungata; la piccola Moresca e la Tonda Iblea.
Ed ancora si hanno le varianti "bianculidda", "calamignara",
"carbucia", "cirasola", "passulunara"
e "ugghiara".
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